Intervista pubblicata il 22 novembre 2015
PIETRO DE SILVA, attore, commediografo e regista, noto al grande pubblico per la sua partecipazione al capolavoro di Benigni “La vita è bella” nel ruolo di Bartolomeo, uno dei prigionieri del lager.
IL TEATRO UNISCE TUTTI QUELLI CHE LO FANNO, SIA COME PROFESSIONE CHE COME HOBBY. LEI È D’ACCORDO?
Assolutamente, non ci sono dei distinguo. Il teatro è universale. Si differenzia solo per le modalità, nel senso che il teatro amatoriale è una forma di spettacolo fatta per mera passione, mentre il teatro professionale è una ragione di vita. Ciò non toglie che il teatro amatoriale, se fatto con classe e perspicacia, può essere altrettanto emozionante e valido.
COME È INIZIATA LA SUA PASSIONE PER IL TEATRO?
Nel 1966 i primi filmini in super 8, nel 67 le prime recite ai boy scout su brani tratti dalle commedie di Eduardo De Filippo e nel 74 il primo contratto teatrale in una piece drammatica meravigliosa, di Peter Weiss dal titolo Marat Sade.
COSA NE PENSA DEL TEATRO FATTO DA SEMPLICI APPASSIONATI?
Che è straordinario e fondamentale per la comunicazione e la voglia di esistere di ogni individuo. Va incoraggiato e incrementato.
LE È MAI CAPITATO, DOPO AVER ASSISTITO A UNO SPETTACOLO AMATORIALE, DI PENSARE: “QUESTI QUI SONO PIÙ BRAVI DI ALCUNI PROFESSIONISTI”?
Sicuramente mi è capitato di cogliere le potenzialità di qualche singolo interprete, dicendo a me stesso che è molto più emozionante di alcuni dei cosiddetti “professionisti” che ci sono in circolazione.