Intervista pubblicata il 4 ottobre 2015
LUIGI DE FILIPPO, figlio del grande Peppino, attore, regista, commediografo, impresario e produttore teatrale.
IL TEATRO UNISCE TUTTI QUELLI CHE LO FANNO, SIA COME PROFESSIONE CHE COME HOBBY. LEI È D’ACCORDO?
Il teatro dà indicazioni, fa pensare, sviluppa l’intelligenza, fa riflettere. La cosa più importante è quella di comunicare al pubblico delle belle emozioni, che coinvolgano e che facciano in modo che la gente se ne torni a casa portandosi a braccetto i personaggi che ha visto sul palcoscenico. Bisogna fare in modo che il pubblico si affezioni al teatro e alla cultura. Il teatro non è altro che il racconto della nostra vita di tutti i giorni.
COME È INIZIATA LA SUA PASSIONE PER IL TEATRO?
Osservando il quotidiano della mia famiglia. A casa mia si parlava soprattutto di teatro, dalla mattina alla sera; si progettava teatro, si respirava teatro. Io da piccolo avrei voluto fare soprattutto lo scrittore. Quando scrissi la mia prima commedia, “Storia strana su una terrazza napoletana”, la feci leggere a mio padre per avere un suo parere. Tardava a rispondermi ed io temevo che non gli piacesse. Poi, qualche giorno dopo, trovai sulla mia scrivania un biglietto che ho tuttora scolpito nella memoria: “Caro Luigi, la tua è una bella commedia, vorrei averla scritta io. Ti abbraccio, papà”
COSA NE PENSA DEL TEATRO FATTO DA SEMPLICI APPASSIONATI?
Tutto il bene possibile, ma quando c’è fantasia. La fantasia e la tradizione sono importanti. Il teatro amatoriale è molto attento alla tradizione, e è sempre dalla tradizione che si deve partire.
LE È MAI CAPITATO, DOPO AVER ASSISTITO A UNO SPETTACOLO AMATORIALE, DI PENSARE: “QUESTI QUI SONO PIÙ BRAVI DI ALCUNI PROFESSIONISTI”?
Qualche volta mi è capitato. Non molto spesso, a dire il vero, ma qualche volta succede.
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